29 aprile 2006

Eugenetica e Femminismo

Tratterò in questo terzo e nel prossimo post sul libro "Le Bugie degli Ambientalisti" (nei precedenti ho fatto un'introduzione e descritto l'organizzazione di Greenpeace) l'argomento a mio avviso più controverso, ovvero la ricostruzione delle radici del movimento ecologista. Se reputo non del tutto convincente questa parte, non è tanto per la mancanza di fonti e documenti citati, e neanche per l'accomunazione di elementi che mi sembravano del tutto differenti, come l'eugenetica, il femminismo e, appunto, l'ecologismo, quanto per le critiche al Darwinismo. Gli autori in realtà parlano più che altro del Darwinismo sociale, ma serpeggia una certa critica anche verso quella che è (non solo secondo me) una inoppugnabile teoria scientifica. Del resto la contesa tra Intelligent Design e la teoria di Darwin è attuale anche oggi. Ma vado per ordine.
Gli autori partono dalle teorie eugenetiche nate tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento ad opera di sostenitori delle teorie di Charles Darwin. Il primo di questi fu Francis Galton, il quale proponeva un'eugenetica "positiva", suggerendo di guidare la selezione del genere umano al fine di migliorare la razza. Egli teorizzava anche l'inferiorità genetica di altre razze, come i neri e gli indiani d'america. Fondò la Eugenics Society (poi divenuta Galton Institute), cui aderirono personalità come John Maynard Keynes, famoso economista. Leonard Darwin, figlio di Charles fece il passo successivo, all'eugenetica "negativa", teorizzando il divieto ai "deboli" di riprodursi e la separazione dei "sani" dagli "insani".
Queste tuttavia non erano idee isolate alla sola Gran Bretagna, ma trovavano riscontro in buona parte del mondo, e in particolare negli Stati Uniti, dove nel 1926 fu fondata la American Eugenics Society.
A essa apparteneva anche Margaret Sanger, la quale, secondo il Time (che l'ha inserita tra i cento leader e rivoluzionari più importanti del Novecento) diede vita al movimento per la liberazione della donna con la sua crociata per legalizzare il controllo delle nascite (locuzione coniata proprio da lei). Fondò la International Planned Parenthood Federation (IPPF, 1952), che oggi è la principale partner dell'UNFPA, il Fondo dell'ONU per la Popolazione. Il suo pensiero interpretava la preoccupazione comune all'élite che dominava la politica e l'economia americana e si sentiva minacciata dalla superiorità numerica delle classi svantaggiate. E infatti il movimento eugenetico era finanziato da banchieri e dalle fondazioni anglosassoni, primi su tutti Rockefeller e Ford.
Personaggio simile, l'inglese Marie Stopes fu fondatrice della prima clinica per il controllo delle nascite, scrivendo molti saggi su sesso e contraccezione, e presentandosi come paladina del femminismo. Anche lei era una convinta sostenitrice del movimento eugenetico, chiedendo l'applicazione della sterilizzazione forzata degli "insani". La Marie Stopes International è una delle più grandi promotrici dell'aborto nel mondo, e partner privilegiato del Comissario per lo Sviluppo della UE.
Si può ben capire a questo punto perché nessuno si preoccupò di fermare Hitler in un primo momento. Anzi, buona parte dell'Europa guardava con interesse alla Germania e ai suoi esperimenti genetici, alle sue idee sulla razza ariana, e ne è una dimostrazione la morbidezza con cui molti governi europei lo trattarono fino alla sua entrata in guerra. Chamberlain, per esempio, era membro della Eugenics Society, così come Pétain, primo ministro collaborazionista a Parigi, era membro della Società Eugenetica francese.
Dopo la sconfitta di Hitler, i movimenti eugenetici si trovarono nell'esigenza di mascherare gli imbarazzanti legami con le idee della Germania nazista, e si propose di adottare una politica cripto-eugenetica, ovvero di perseguire i veri obiettivi dietro scopi ben più accettabili. Si arrivò al concetto di "selezione volontaria inconsapevole" secondo cui si doveva ricorrere a metodi efficaci di pianificazione familiare, incidendo quindi sulle leggi, sul costume e sulle aspettative sociali in modo che gli individui scelgano "da soli" se avere o no figli.
Nel 1952 nacquero la già citata IPPF e il Population Council, entrambe finanziate dalla Fondazione Rockefeller e dalla Fondazione Ford, e con forti legami con le Società Eugenetiche americana e britannica. Comune convinzione era che la pianificazione familiare sia un diritto umano fondamentale e che l'equilibrio tra la popolazione del mondo e le sue risorse naturali e la produttività sia una condizione necessaria per la felicità dell'uomo, per la prosperità e per la pace. Gli autori Riccardo Cascioli e Antonio Gaspari notano come in questa formula vi siano le basi per concetti da qualche anno molto popolari come "sviluppo sostenibile" e "qualità della vita".
Queste società si dedicarono subito al finanziamento di borse di studio per la ricerca demografica e biomedica e della ricerca per lo sviluppo di metodi contraccettivi, nonchè allo sviluppo di aggressivi programmi per il controllo delle nascite, specie nei paesi in via di sviluppo come India, Indonesia, Thailandia, Iran e Nicaragua.
I fondatori e i sostenitori di queste due organizzazioni sono numerosi personaggi di primo piano delle società eugenetiche, come C.C. Little, William Shockley, Carlos Paton Blacker, Fairfield e Frederick Osborn, Guy Irving Burch, Detlew W. Bronk, Hugh Moore, Alan Guttmacher. Quindi, in definitiva, ci sono gli stessi soldi, gli stessi leader, le stesse attività, ma con un volto nuovo.
In questo periodo da queste persone nacque la strategia del catastrofismo, e a metà degli anni '50, in piena Guerra Fredda uscì The Population Bomb (nel 1968 Paul Elrich scrisse un libro con lo steso titolo, diventato la Bibbia degli antinatalisti), un libretto che faceva leva sulla paura del nucleare degli americani: La bomba demografica minaccia di provocare un'esplosione così distruttiva e pericolosa quanto quella di un'atomica, e con le stesse conseguenze in prospettiva per il progresso o per il disastro, per la guerra o per la pace.

Questa sì, che è bella!

Roma, 28 apr . - (Adnkronos/Ign) - La procura di Roma, nella persona del pm Nicola Maiorano, ha iscritto nel registro degli indagati il segretario del Pdci Oliviero Diliberto e l'eurodeputato dello stesso partito Marco Rizzo per istigazione a delinquere e oltraggio alla pietà dei defunti. A riferirlo è l'avvocato Luciano Randazzo, che spiega come l'indagine sia partita dalla denuncia del presidente dell'Associazione vittime del terrorismo Bruno Berardi. L'iscrizione nel registro degli indagati è un atto dovuto visto che Berardi nella denuncia, che era relativa al corteo pro Palestina organizzato a Roma lo scorso febbraio nel corso del quale alcuni manifestanti avevano urlato lo slogan '10, 100, 1000 Nassiriya', aveva espressamente chiamato in causa Diliberto e Rizzo.

Ora, non credo che ci sarà un seguito a questa azione legale, ma mi fa almeno piacere sapere di non essere l'unico a provare un certo fastidio per quei cori, al punto da arrivare a una denuncia.

28 aprile 2006

Quando morirò

Questo simpatico test mi ha detto che morirò, in una ipotesi ottimistica, venerdì 25 gennaio 2069 alle 16:57, ossia (nel momento in cui scrivo) tra 1.980.124.800 secondi, "volando fuori dalla finestra dopo essere inciampato nel tappeto nuovo del salotto". Invece, in una ipotesi pessimistica, accadrà domenica 25 agosto 2059 alle 18:09, ossia tra 1.683.341.342 secondi, "soffocato dai debiti (in pratica cinque tonnellate di fatture ti cadranno addosso)".
Se vi va, e soprattutto se non siete scaramatici, vi consiglio di farlo, e anche di leggere i commenti sotto le diverse risposte.

E visto che c'ero, ho fatto anche il test dell'aldilà, per vedere dove andrò dopo, e il risultato è questo: finirò in Paradiso per 2774 anni nel Cielo di Mercurio tra gli spiriti che operarono il bene (a che livello sono?) a prendere il sole sulla sterminata spiaggia mercuriana.
Praticamente me la sono cavata per poco (vedere il link alla figura dei Cieli e dei Gironi).

21 aprile 2006

Nepal, la situazione peggiora

Su squareplaza ci sono continui aggiornamenti sulla situazione in Nepal, non linko tutti i post singolarmente perché sono tantissimi, ma consiglio vivamente di leggerli, a chi sia interessato.

20 aprile 2006

Vignetta su Maometto: l’oltraggio e la libertà

Un articolo del sempre ottimo Magdi Allam, dal Corriere della Sera del 16 aprile:

Se non contestualizziamo correttamente la vicenda, rischiamo di fare il gioco dei carnefici facendoli passare per vittime

Perché coloro che hanno prontamente protestato, musulmani e cristiani, alla pubblicazione di una vignetta su Maometto in Studi Cattolici, rivista a diffusione limitata, non si sono indignati per la raffigurazione di Gesù che defeca su Bush e sulla bandiera americana?

Raffigurazione, questa, trasmessa solo quattro giorni fa da «South Park», un cartoon che è visto da decine di milioni di persone in tutto il mondo. Perché? Dobbiamo sollecitare una fatwa del predicatore d’odio Youssef Qaradawi, che si è attribuito la presidenza del «Comitato internazionale per il sostegno dell’ultimo profeta », di condanna a morte del direttore Cavalleri e del vignettista Clericetti? E a quando la fatwa contro Dante e la «Divina Commedia» a cui si sono ispirati?O dobbiamo invece sostenere il diritto a ribellarsi a un terrorismo islamico che vorrebbe sottomettere la nostra civiltà senza necessariamente eliminarci fisicamente?

Se non contestualizziamo correttamente la vicenda, rischiamo di fare il gioco dei carnefici facendoli passare per vittime. Le vignette su Maometto, al di là della legittima critica, sono una non meno legittima reazione all’aggressione terroristica islamica alla vita e alla libertà dell’umanità intera, occidentali e orientali, cristiani, musulmani ed ebrei. Ma ricordiamoci che non costituiscono in sé un’azione sacrilega. Perché non esiste nessuna interdizione coranica alla raffigurazione di Maometto. Casomai a oltraggiare l’islam sono i terroristi che si fanno esplodere perfino all’interno delle moschee massacrando i fedeli in preghiera, o i Fratelli Musulmani che nel loro logo accostano il Corano alla spada e al versetto «E preparate contro di loro forze e cavalli quanto potete, per terrorizzare il nemico di Dio e vostro» (Corano VIII, 60).

Così come la satira è un diritto irrinunciabile in una democrazia. Irridere su Maometto, che oltretutto è un comune mortale, è diventato un tabù e un casus belli soltanto quando l’hanno deciso i predicatori d’odio. Ricordiamoci che il caso delle 12 vignette pubblicate dal quotidiano danese Jyllands-Posten il 30 settembre scorso, ha scatenato una ondata di violenza in tutto il mondo soltanto 5 mesi dopo, quando ad istigarla fu il burattinaio Ahmad Abu Laban, imam di una moschea di Copenaghen, e l’Unione internazionale degli ulema, presieduta da Qaradawi e con sede a Dublino. Teniamo presente che la serie animata «South Park» aveva trasmesso il 4 luglio 2001 una puntata dal titolo «Super best friends», in cui Maometto compare al fianco di Gesù, Mosè e Buddha, con una pistola e delle dita che lanciano fiamme. Eppure non ci fu nessunissima reazione. Per una ragione molto semplice: non ci fu un burattinaio del terrore che ritenne di strumentalizzare la vicenda.

Oggi, all’opposto, è l’Occidente stesso che ha sviluppato un riflesso condizionato a difesa non dell’islam, bensì della sua interpretazione radicale. Il 4 aprile la Corte di Cassazione, nel condannare un italiano che aveva apostrofato due musulmane velate, ha sentenziato che «la religione musulmana impone il velo alle credenti». Come è possibile che nel nostro Stato laico si accrediti, al più alto livello della magistratura, la tesi che gli estremisti islamici vorrebbero imporre alle donne musulmane che nella loro maggioranza non indossano il velo?

Nella puntata «Cartoon wars» della serie «South Park», gli americani decidono di seppellire, come gli struzzi, la testa sottoterra «perché dobbiamo dimostrare ai terroristi che non abbiamo visto la raffigurazione di Maometto!». E poi, per vendetta, sono i terroristi che diffondono le immagini dissacranti di Gesù. Un Occidente sottomesso e vilipeso. In preda alla paura. Che sta perdendo il bene della vita e il valore della libertà. Di questo passo, all’insegna dell’islamicamente corretto, quando si pronuncerà il nome di Maometto, tutti indistintamente, musulmani e non, dovremo rispondere coralmente «La pace e la benedizione di Dio su di lui».

19 aprile 2006

Nuovi link (3)

Un nuovo link e un banner:

  1. Nel post precedente ho linkato un documento di un'associazione, Public Interest Watch, dal sottotitolo esplicativo: "Keeping an eye on the self-appointed guardians of the public interest". Ora ne aggiungo anche il link.
  2. Alcuni siti complottisti sostengono che l'11 settembre nessun aereo abbia colpito il Pentagono. Aribandus, sulla scia di Attivissimo, ha fatto un grosso lavoro che, fino a ora, smonta queste tesi. Lettura consigliata e in costante aggiornamento.

15 aprile 2006

Le multinazionali dell'ambientalismo: Greenpeace

Nel primo post della serie sul libro "Le bugie degli ambientalisti" (qui trovate l'introduzione) vi parlo dell'organizzazione finanziaria di Greenpeace.
Esistono nel mondo circa quaranta uffici nazionali di Greenpeace, e varie organizzazioni di cui Greenpeace International, con sede ad Amsterdam, è la più grande. Nel 2000 il budget totale di tutte le organizzazioni Greenpeace è stato di 143 milioni di dollari (per maggiori informazioni leggere qui). Particolarmente interessante è l'organizzazione negli USA, in cui esistono due entità indipendenti: Greenpeace, Inc. e Greenpeace Fund, Inc., entrambe no-profit ma con diverse caratteristiche.
La legge statunitense prevede due tipi di no-profit, indicati come 501(c) (3) e 501(c) (4): nel primo caso i benefattori possono dedurre dalle tasse i contributi, ma essi sono utilizzabili solo per attività educative, caritative, religiose ecc., non per azioni legali o per partecipare a campagne a favore o contro candidati politici. Nel secondo caso i fondi provenienti dai contributi sono utilizzabili anche nei casi prima esclusi, ma i contributi non sono deducibili, quindi è più difficile reperire fondi. Greenpeace Fund, Inc. appartiene al tipo 501(c) (3), mentre Greenpeace, Inc. al 501(c) (4); dai bilanci del 2000, Greenpeace Fund, Inc. ha raccolto 9 milioni di dollari, passandone 4,5 a Greenpeace, Inc., 3,7 a Greenpeace International e il resto a organizzazioni Greenpeace di altre nazioni.
E' interessante osservare che Greenpeace, Inc. agisce quasi esclusivamente con campagne di pressione verso compagie o governi per modificare procedure o politiche. I suoi attivisti agiscono spesso contro le leggi vigenti, alcuni sono stati arrestati, ma qualcuno ha sostenuto per loro le spese legali. Essa è finanziata in modo significativo da Greenpeace Fund, Inc., che può raccogliere fondi deducibili. Nel 1999, su entrate per 14,2 milioni, il 30% veniva da Greenpeace Fund, Inc., il cui unico scopo sembra essere la raccolta di fondi da destinare ad altre Greenpeace e non svolge attività proprie.
Per fare un confronto, si può citare Greenpeace Foundation, Inc., che ha sede alle Hawaii. Essa è in aperto contrasto con le prime due e con Greenpeace International, che accusa di eccessiva spregiudicatezza nella raccolta di fondi, di antiamericanismo e di insufficiente devozione alla causa della difesa degli animali. E' un'organizzazione di tipo 501(c) (3) e non spende più di 25000 dollari all'anno.
Su "La Stampa" del 2 ottobre 1991 comparve un articolo che riprendeva alcune accuse mosse a Greenpeace dal settimanale tedesco "Der Spiegel", secondo il quale "Greenpeace è la più ricca organizzazione ecologista del mondo", ma in cui le decisioni sono prese da una ristretta cerchia che amministra i milioni di introiti in maniera poco chiara. In particolare, in Germania essa controlla una fitta rete di società controllate al 100% che permetterebbe a Greenpeace di mantenere il proprio status di organizzazione senza scopo di lucro e dunque di godere di esenzioni fiscali.
Esiste anche una casistica di dirigenti cacciati, per esempio il norvegese Bjorn Okern, che ha diretto per due anni Greenpeace Norvegia, ha scritto un libro (Potenza senza responsabilità) in cui definisce Greenpeace come un movimento "ecofascista più preoccupato dei soldi che dell'ambiente".
In Canada ha avuto luogo un lungo contenzioso tra Greenpeace e il governo, il quale nel 1999 ha negato all'organizzazione lo stato di "opera caritativa" che la multinazionale aveva chiesto per facilitare la raccolta di fondi. L'ufficio delle tasse ha dichiarato che "le attività di Greenpeace non hanno un beneficio pubblico", anzi le campagne condotte per mettere fine a diverse attività industriali potrebbero impoverire la gente. La storia parte dal 1989, quando Greenpeace perse lo stato di "opera caritativa". Per aggirare l'ostacolo fu fondato un altro gruppo che doveva fungere da "opera caritativa", ma la legge canadese non permette che questi tipi di opere funzionino come agenti per altri gruppi nella raccolta di fondi, per cui Greenpeace perse nuovamente lo status nel 1995, perdendo anche l'appello nel 1998. Fallì anche un ulteriore tentativo di aggirare la legge, con relativo appello, perché i suoi obiettivi e le sue campagne sono finalizzati al cambiamento dell'opinione pubblica e non alla difesa dell'ambiente.
Per finire, cito Patrick Moore (consiglio di visitare il suo sito), membro fondatore e direttore per 15 anni dell'organizzazione, secondo il quale "il movimento ambientalista si è trasformato nei fatti in un movimento protezionistico e antiscientifico [...]. Gli ambienti più radicali hanno finito per confondere e fuorviare l'opinione pubblica servendosi di sensazionalismo, disinformazione e contraffazione".

11 aprile 2006

E' finita!!!

Credo che, al di là dell'oggettiva importanza di queste elezioni, sia questo il mio primo pensiero. Non ne potevo più di questa campagna elettorale, e delle bassezze a cui si sono ridotti i due candidati. Figurarsi il mio timore quando si profilava la possibilità di rifare le elezioni, vista l'apparente situazione di pareggio.
Rimane il fatto che, con la maggioranza ottenuta all'ultimo momento grazie ai voti dall'estero, il centro sinistra avrà davvero grossissime difficoltà di governo, vista l'endemica litigiosità della coalizione. In effetti non capisco proprio cosa festeggiassero ieri sul palco, anzi, mi pare non poco probabile che il governo non regga per tutta la legislatura. Ci sarebbe da scommetterci.
Oltre a queste considerazioni, val la pena di osservare che i sondaggi alla fine si sono rivelati essenzialmente sbagliati, laddove prevedevano una tranquilla vittoria dell'Unione, e paradossalmente, il sondaggio (per quel che ne so) che si è avvicinato di più al risultato finale è stato quello, tanto criticato, svolto da una società americana prontamente screditata dai nostri media (non so se a ragione o a torto) e commissionato da Berlusconi, che io stesso avevo commentato qui, ma dal solo punto di vista dell'affidabilità statistica.
Per il resto, la mia unica preoccupazione in caso di vittoria dell'Unione riguardava la politica estera in Medio Oriente, e in generale il problema dei rapporti con l'Islam, nel senso che non mi piace la strisciante connivenza con il terrorismo presente in molti esponenti di quella parte politica. Vedremo.

10 aprile 2006

Ancora disordini in Nepal

Gli ultimi giorni hanno visto un aggravarsi della situazione in Nepal, le ultime novità in una serie di post su square, in particolare qui, qui, qui e qui.
E forse anche i grandi media iniziano a interessarsi della situazione del Nepal, in particolare ho visto un servizio sul TG3 qualche giorno fa e una pagina del Televideo con una ultim'ora.

07 aprile 2006

Hamas rinnega, l'UE provvede

Leggendo questo articolo ho appreso che l'UE ha provvisoriamente sospeso i finanziamenti all'ANP poiché non ha riconosciuto Israele e il suo diritto di esistere né ha rinunciato alla lotta armata. Inoltre Per l'Ue è inammissibile il mancato impegno da parte di Hamas per la mancata applicazione dei trattati internazionali già in vigore (in primo luogo degli accordi di pace provvisori di Oslo del '93) e per il disarmo dei suoi miliziani. Avevo già riportato in questo post come le intenzioni di Hamas siano tutt'altro che pacifiche, a dispetto delle dichiarazioni concilianti che spesso rilasciano alcuni suoi esponenti ai media Occidentali, più che altro per imbonirsi l'opinione pubblica e le autorità.
Purtroppo questo provvedimento penalizza anche quei palestinesi (ce ne saranno) che magari non hanno niente contro Israele, e subiscono la politica da sempre aggressiva delle varie organizzazioni terroristiche, spalleggiate da buona parte della popolazione, come hanno dimostrato le recenti elezioni.
Del resto, si sa che buona parte dei finanziamenti alla Palestina sono sempre stati spesi in armi o per la produzione di libri scolastici che fomentavano l'odio per l' "entità sionista" e la glorificazione dei kamikaze, e si sa come sia facile indottrinare i bambini, pronti in questa maniera a diventare kamikaze a loro volta nel giro di pochi anni.
Il mio auspicio è che questo provvedimento spinga a più miti consigli Hamas (ma non ci spero più di tanto) e che condizioni la ripresa dei finanziamenti a una più stretta sorveglianza da parte dell'UE sull'uso che l'ANP ne farà.

06 aprile 2006

Contro il terrorismo si deve combattere

Sulla Stampa online c'è un articolo di Fiamma Nirenstein che consiglio di leggere, segnalato da Alex Marra. In particolare riporto un passo:

[...]La condanna della guerra si basa anche sulle immagini insanguinate che escludono una vasta parte della realtà. Giustamente non ignoriamo le code dei giovani che vanno ad arruolarsi negli apparati di sicurezza e saltano per aria. Ma alzi una mano chi sa che da luglio al gennaio scorso le forze armate irachene hanno aggiunto alle loro truppe 22 nuovi battaglioni, che 5500 nuovi poliziotti e 2000 agenti speciali sono stati istruiti e equipaggiati, che 20 delle basi operanti della coalizione sono passati all’esercito iracheno. Le forze irachene hanno reso sicure zone prima ritenute impraticabili; città come Najaf, Mosul, Tal Afra e persino Falluja, scrive su News Week Farid Zakarja, sono molto più sicure oggi di un anno fa.
Non sappiamo neppure che nonostante tutti gli sforzi dei terroristi, il reddito pro capite si è raddoppiato dal 2003 ed è del 30 per cento più alto di quanto fosse durante la guerra, e che nel 2006 ci si aspetta che cresca de 16,8 per cento. Ci sono cinque volte le auto che c’erano al tempo di Saddam, cinque volte i telefoni, e 32 volte le connessioni in Internet. Non c’erano tv o media independenti: ora abbiamo 44 tv commerciali, 72 radiostazioni, e più di 100 giornali. Sono nate 3 mila 404 scuole, 304 costruzioni di fognature e acqua, 257 stazioni di polizia e vigili del fuoco, 149 ambulatori pubblici e ospedali. Ma questi fatti riguardano un mondo di poveri, di gente che nel nostro snobismo occidentale percepiamo come aliena alla democrazia. Preferiamo, invece, scontrarci con gli archetipi che amiamo odiare, quelli che uniscono la famiglia intellettuale europea contro l’imperialismo, per l’autodeterminazine. Bush tuttavia decise per la guerra sulla scorta di informazioni certificate dall’ONU e di un voto del Consiglio di Sicurezza che unanimente passava la risoluzione 1441. Essa chiamava Saddam a disarmare o a «fronteggiare le peggiori conseguenze».
Le armi di distruzione di massa che non si sono trovate non furono una bugia per iniziare la guerra, le scoprì l’ONU: e ora esce di nuovo, dai documenti iracheni appena consegnati al pubblico che esistono contratti di acquisto per vari materiali chimici. A tutt’oggi nessuno può negare che il trattamento usato dagli USA a Saddam abbia tagliato la proliferazioni delle armi di distruzione di massa e abbia tagliato i fondi al terrorismo. E la possibilità che le boccette di botulinus o di antrace siano state trasferite per tempo, è sempre valida.[...]

In particolare l'ultimo capoverso sottolinea un aspetto che pochi davvero conoscono, e che è una delle principali motivazioni addotte dalle persone che criticano questa guerra. Andate qui per leggere l'intero articolo.

05 aprile 2006

Nuovi link (2)

Aggiungo tra i link:

  1. Informazione Corretta, un sito che si occupa dell'informazione che si fa su Israele, segnalando "pregiudizi, errori e false informazioni".
  2. SviPop (sviluppo e popolazione), strumento di informazione del CESPAS (Centro Europeo di Studi su Popolazione, Ambiente e Sviluppo), nel cui gruppo direttivo vi sono gli autori del libro di cui ho parlato in un post precedente, e di cui riparlerò in seguito.

04 aprile 2006

Il canone Telecom? È illegittimo

Questa è davvero interessante (da Punto Informatico):

Torra Annunziata (NA) - Il canone che Telecom Italia chiede all'utenza è illegittimo. Questa sentenza, destinata a suscitare clamore, proviene dal Giudice di Pace di Torre Annunziata, l'avvocato Prof. Giuseppe D'Angelo, che ha accolto la denuncia di un utente.
Si ripete quindi il caso di una condanna originata dalla segnalazione di un unico consumatore: dopo la multa, comminata a TIM dall'Antitrust ecco che la denuncia di un utente telefonico porta ad una nuova condanna, che in questo caso obbliga Telecom Italia al rimborso dell'importo dei canoni percepiti e al pagamento delle spese di giudizio.
"Il Giudice - fa sapere il Codacons - dopo aver esaminato il disposto dell'art. 3 del D.P.R. n° 318/97 (che impone alla Telecom l'incarico di fornire "il servizio universale" su tutto il territorio nazionale), ha ritenuto che il servizio consiste nella fornitura di alcuni servizi, ma nella norma non viene nominato il canone di abbonamento. Il comma 4 infatti attribuisce il servizio alla società Telecom S.p.A. ed aggiunge che suddetto servizio viene effettuato dallo stesso gestore, ma dal 1° Gennaio 1998, può essere espletato anche da altre società di telecomunicazioni".
L'associazione di consumatori sottolinea che l'importante onere, quello del servizio universale, "deve essere sopportato solo ed esclusivamente, come dice il legislatore:- dagli operatori che gestiscono reti pubbliche di telecomunicazioni;- dai fornitori di servizi di telefonia vocale accessibili al pubblico;- dagli organismi che prestano servizi di comunicazioni mobili e personali".
"Gli utenti finali - conclude l'associazione - sono esclusi dall'onere di costi aggiuntivi, compreso il pagamento del canone di abbonamento richiesto dalla Telecom".
Il Giudice di Pace partenopeo non ha trascurato di affrontare l'aspetto relativo alla clausola contrattuale che vincola l'utente al pagamento del canone: la sentenza definisce che il contratto di utenza telefonica intervenuto tra le parti è un "contratto di adesione".
In quanto tale, è necessario verificare la eventuale vessatorietà della clausola che prevede il pagamento del canone di abbonamento, facendo riferimento all'art. 1469 bis del Codice Civile. La clausola predisposta da Telecom Italia, secondo il Giudice, genera uno squilibrio tra diritti e obblighi: dal lato dell'utente, al pagamento del canone, non corrisponderebbe infatti alcun servizio erogato dall'operatore. Di conseguenza si creano situazioni ritenute paradossali, come il pagamento del canone di linea in un periodo (bimestre) in cui l'utente non ha generato traffico telefonico di alcun genere. La clausola è quindi considerata ingiusta e vessatoria, ai sensi dell'art. 1469 bis del Codice Civile e, quindi, è stata dichiarata inefficace.
"Tale sentenza - come conclude il Codacons - apre la strada a oltre 20 milioni di cause analoghe dinanzi ai Giudici di pace, da parte degli utenti Telecom ancora costretti a versare l'odioso canone. Se anche altri giudici concorderanno con la decisione del GdP di Torre Annunziata, svariati miliardi di euro dovranno uscire dalle casse dell'azienda telefonica per rientrare nelle tasche degli utenti".

02 aprile 2006

Ciao, piccolo