15 aprile 2006

Le multinazionali dell'ambientalismo: Greenpeace

Nel primo post della serie sul libro "Le bugie degli ambientalisti" (qui trovate l'introduzione) vi parlo dell'organizzazione finanziaria di Greenpeace.
Esistono nel mondo circa quaranta uffici nazionali di Greenpeace, e varie organizzazioni di cui Greenpeace International, con sede ad Amsterdam, è la più grande. Nel 2000 il budget totale di tutte le organizzazioni Greenpeace è stato di 143 milioni di dollari (per maggiori informazioni leggere qui). Particolarmente interessante è l'organizzazione negli USA, in cui esistono due entità indipendenti: Greenpeace, Inc. e Greenpeace Fund, Inc., entrambe no-profit ma con diverse caratteristiche.
La legge statunitense prevede due tipi di no-profit, indicati come 501(c) (3) e 501(c) (4): nel primo caso i benefattori possono dedurre dalle tasse i contributi, ma essi sono utilizzabili solo per attività educative, caritative, religiose ecc., non per azioni legali o per partecipare a campagne a favore o contro candidati politici. Nel secondo caso i fondi provenienti dai contributi sono utilizzabili anche nei casi prima esclusi, ma i contributi non sono deducibili, quindi è più difficile reperire fondi. Greenpeace Fund, Inc. appartiene al tipo 501(c) (3), mentre Greenpeace, Inc. al 501(c) (4); dai bilanci del 2000, Greenpeace Fund, Inc. ha raccolto 9 milioni di dollari, passandone 4,5 a Greenpeace, Inc., 3,7 a Greenpeace International e il resto a organizzazioni Greenpeace di altre nazioni.
E' interessante osservare che Greenpeace, Inc. agisce quasi esclusivamente con campagne di pressione verso compagie o governi per modificare procedure o politiche. I suoi attivisti agiscono spesso contro le leggi vigenti, alcuni sono stati arrestati, ma qualcuno ha sostenuto per loro le spese legali. Essa è finanziata in modo significativo da Greenpeace Fund, Inc., che può raccogliere fondi deducibili. Nel 1999, su entrate per 14,2 milioni, il 30% veniva da Greenpeace Fund, Inc., il cui unico scopo sembra essere la raccolta di fondi da destinare ad altre Greenpeace e non svolge attività proprie.
Per fare un confronto, si può citare Greenpeace Foundation, Inc., che ha sede alle Hawaii. Essa è in aperto contrasto con le prime due e con Greenpeace International, che accusa di eccessiva spregiudicatezza nella raccolta di fondi, di antiamericanismo e di insufficiente devozione alla causa della difesa degli animali. E' un'organizzazione di tipo 501(c) (3) e non spende più di 25000 dollari all'anno.
Su "La Stampa" del 2 ottobre 1991 comparve un articolo che riprendeva alcune accuse mosse a Greenpeace dal settimanale tedesco "Der Spiegel", secondo il quale "Greenpeace è la più ricca organizzazione ecologista del mondo", ma in cui le decisioni sono prese da una ristretta cerchia che amministra i milioni di introiti in maniera poco chiara. In particolare, in Germania essa controlla una fitta rete di società controllate al 100% che permetterebbe a Greenpeace di mantenere il proprio status di organizzazione senza scopo di lucro e dunque di godere di esenzioni fiscali.
Esiste anche una casistica di dirigenti cacciati, per esempio il norvegese Bjorn Okern, che ha diretto per due anni Greenpeace Norvegia, ha scritto un libro (Potenza senza responsabilità) in cui definisce Greenpeace come un movimento "ecofascista più preoccupato dei soldi che dell'ambiente".
In Canada ha avuto luogo un lungo contenzioso tra Greenpeace e il governo, il quale nel 1999 ha negato all'organizzazione lo stato di "opera caritativa" che la multinazionale aveva chiesto per facilitare la raccolta di fondi. L'ufficio delle tasse ha dichiarato che "le attività di Greenpeace non hanno un beneficio pubblico", anzi le campagne condotte per mettere fine a diverse attività industriali potrebbero impoverire la gente. La storia parte dal 1989, quando Greenpeace perse lo stato di "opera caritativa". Per aggirare l'ostacolo fu fondato un altro gruppo che doveva fungere da "opera caritativa", ma la legge canadese non permette che questi tipi di opere funzionino come agenti per altri gruppi nella raccolta di fondi, per cui Greenpeace perse nuovamente lo status nel 1995, perdendo anche l'appello nel 1998. Fallì anche un ulteriore tentativo di aggirare la legge, con relativo appello, perché i suoi obiettivi e le sue campagne sono finalizzati al cambiamento dell'opinione pubblica e non alla difesa dell'ambiente.
Per finire, cito Patrick Moore (consiglio di visitare il suo sito), membro fondatore e direttore per 15 anni dell'organizzazione, secondo il quale "il movimento ambientalista si è trasformato nei fatti in un movimento protezionistico e antiscientifico [...]. Gli ambienti più radicali hanno finito per confondere e fuorviare l'opinione pubblica servendosi di sensazionalismo, disinformazione e contraffazione".

11 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma guarda, ed io che pensavo che Greenpeace fosse costituita da degli hippy di nuova generazione.:)

Davide ha detto...

Io non avevo davvero mai pensato che potesse essere così.
Tra l'altro ho preferito fare il post solo su Greenpeace, ma in realtà anche per il WWF non va molto meglio, purtroppo.

Anonimo ha detto...

Oh, finalmente qualcuno che si decide a fare le pulci a questi saccenti-ignorantrofi-intolleranti!! Leggete anche "State of fear" di Michael Crichton, possibilmente in inglese perché la traduzione italiana è pessima. Come costume dello scrittore ("rivelazioni", "punto di rottura" tra gli altri), una storia inventata si basa su ricerche e dati inoppugnabili. e le conclusioni sono piuttosto inquietanti, soprattutto sul tentativo - riuscitissimo finora - di imporre uno stato di angoscia nella gente, e su quest'angoscia accumulare fondi e potere, finora soltanto interdittivo, ma chissà?
Un saluto, Baron Litron

Davide ha detto...

Baron Litron, forse fosti proprio tu a mettere da Wellington un link a una pagina in cui Michael Crichton parlava degli allarmismi (in particolare citava Cernobyl). Il tema del libro di cui parli sembra comunque abbastanza realistico, alla fine.
Prossimamente ci saranno altri post...
Ciao

Anonimo ha detto...

Sì, ero io. Tra l'altro, mio padre (che all'epoca insegnava Sicurezza degli impianti nicleari al Politecnico) è stato membro delle tre commissioni nazionali per l'energia nucleare, per cui ho vissuto "dall'interno" l'immane porcata del periodo di Chernobyl e dintorni...

Davide ha detto...

All'epoca ero piccolo, per cui non ricordo molto di quel periodo e dei discorsi fatti dopo l'incidente.
Non hai un blog? sarebbe utile se raccontassi la tua esperienza. A cosa ti riferisci esattamente? (magari potrei ospitare un post tuo)

Anonimo ha detto...

Interessante. Lo leggo in ritardo perchè in questi giorni sono stato impegnato. Mi rode il fegato a pensare che non si investighi sul serio su tutte queste organizzazioni sedicentemente caritatevoli. Chissà quante se ne scoprirebbero.

Davide ha detto...

Mi sono accorto che mancavi da un po', credo (e spero) che per il tuo ritorno avrò fatto almeno un altro post sull'argomento.

Anonimo ha detto...

Riguardao Chernobyl la porcata è stata fare un referendum sulla scia di quell'episodio.

Anonimo ha detto...

Grazie,
ottimo post. vedo che sono in compagnia di amici! Bene, anzi benissimo!

Davide ha detto...

Già, e per domani dovrebbe essere pronto il post successivo...