30 marzo 2007

AIDS e HIV

Verso la fine degli anni '80 ero ancora un bambino, e forse proprio per questo ricordo bene l'atmosfera che si respirava quando in tv o a scuola si parlava dell'AIDS. Ricordo le pubblicità, e perfino quella musica un po' angosciante, che a posteriori mi ricorda vagamente la musica della scena della doccia di Psycho. La mia scuola elementare aveva un giardino, e ricordo le raccomandazioni sul pericolo di trovare per terra le siringhe (che effettivamente a volte c'erano) nei dintorni. Ricordo tutti gli allarmismi fatti nei telegiornali riguardo la nuova peste, le interviste a questo o quel medico sui modi di trasmissione, e le stime catastrofiche su quanti italiani ne sarebbero stati affetti entro pochi anni, se non si fosse fatto qualcosa.

A distanza di anni, a volte mi sono chiesto cosa fosse rimasto di tutto il clamore fatto in quel periodo, visto che di AIDS sentivo parlare molto meno, o per esempio quanti fossero i contagi in Italia. Un po' di mesi fa mi sono imbattuto in un sito, che ho ritrovato solo alcuni giorni fa, nel quale trovai molte informazioni interessanti e che pubblicizza alcuni libri, italiani e non, sull'argomento. Essenzialmente, ho scoperto che esiste una corrente di pensiero in medicina molto critica verso le posizioni ufficiali, che poi sono quelle diffuse presso i profani come me, ovvero che il virus dell'HIV sia la causa dell'AIDS. In particolare consiglio di leggere la prefazione al libro di Peter Duesberg, Inventing the AIDS virus, scritta dal premio Nobel per la Chimica del 1993, Kary B. Mullis, poiché mi sembra molto istruttiva.

Io non sono un esperto del settore, e ne ho letto solo alcune parti, ma nelle varie pagine del sito è sempre riportata un'ampia bibliografia con riferimenti a pubblicazioni scientifiche, cosa che depone a favore della serietà di ciò che è riportato.

27 marzo 2007

Cosa cera per terra?

L'ironia che la sorte riesce a mettere in certi avvenimenti mi lascia sempre attonito, oltre che estremamente divertito!
Leggete un po' questa notizia. :)

Motociclisti a terra per la cera del corteo
Una decina di incidenti in corso Venezia, a Milano. Sono dovuti intervenire manualmente gli operatori ecologici

Una serie di incidenti. Uno dopo l'altro. Motociclisti che finiscono a terra per l'asfalto scivoloso. Motivo? La cera lasciata dalle fiaccole utilizzate dai manifestanti che lunedì sera sono scesi in piazza a Milano a favore della sicurezza.
PULIZIA - A rimanere coinvolti in una serie di incidenti sono stati una decina di motociclisti, caduti in corso Venezia nonostante l'intervento, fin dalla mattina, dei mezzi di pulizia dell'Amsa. La cera si è infatti attaccata al manto stradale ed è stato molto difficile staccarla. Sono dovuti intervenire manualmente gli operatori ecologici e il tratto fra piazzale Oberdan e via Senato è stato più volte chiuso e vietato ai motociclisti. Per fortuna, sembra che nessuno si sia fatto male in modo serio.

23 marzo 2007

Del Tempo e della Memoria

Se siete giunti sin qui siete dei viaggiatori.
Seppure inconsapevolmente, sin dalla nascita siete stati equipaggiati dalla natura ad affrontare un viaggio spaziale la cui durata è, ahimé, irrisoria rispetto ai giganteschi numeri cui l’Universo è abituato.
La vostra astronave è speciale, almeno per la durata della vostra vita e per parecchie delle generazioni a voi successive (certo, a meno che “il cielo non ci cada sulla testa”, come direbbe Abraracourcix, capo della mitica tribù di irriducibili Galli…) continuerà il suo moto, autoalimentandosi e provvedendo anche alle vostre esigenze.
Parliamo della Terra, naturalmente, la nostra prima finestra nello spazio. E’ da qui che prendono vita le prime domande dello scienziato curioso che prova a giocare con ciò che sta al di là di questo oblò, mettendoci fuori il naso.
E’ qui, davanti all’ignoto, che prende vita la sete di conoscenza del cosmo e la voglia di poterlo immaginare come lo vogliamo.
“La fantascienza”, dice il fisico britannico Stephen Hawking, ”non è solo un buon divertimento, ma assolve anche a uno scopo serio, quello di espandere l’immaginazione umana”. E, aggiungerei io, non vi è alcun bisogno di essere un grande fisico per poter contare su una fervida e brillante immaginazione.
Lo scienziato suggerisce che in effetti lo scambio tra scienza e fantascienza è bidirezionale e che “la fantascienza di oggi è spesso la scienza di domani” (cfr. “La Fisica di Star Trek”, di L. M. Krauss).
Eppure è proprio quest’ultima che, più della prima, ci stupisce con le scoperte e le teorie più bislacche, al limite (e spesso ben oltre) dell' umana percezione della realtà.
Hawking ci fa ancora notare come l’attribuzione del nome “Black Holes” (letteralmente “Buchi Neri”) da parte di J. A. Wheeler nel 1967 a stelle super-collassate (già previste teoricamente da Oppeneimer come conseguenza della Relatività Generale di zio Albert) abbia fatto sì che su di esse venisse scritto molto più di quanto sarebbe stato fornendo loro un nome più austero, avendo in effetti tale appellativo incrementato di molto la loro valenza figurativa.
Il buco nero è certamente un oggetto fisico, ma la liricità del nome evoca nel lettore un inevitabile luogo sentimentale.
E’ pur vero, ci spiega ancora Hawking, che, spesso, per poter continuare a usufruire dei fondi della “National Science Foundation”, i fisici sono costretti a “occultare” le ricerche di carattere più fantascientifico come i viaggi nel tempo attribuendo loro denominazioni più seriose come “curve chiuse time-like (tipo tempo)”.
E’ stato il matematico viennese Kurt Gödel a sviluppare la teoria matematica (possibile solo e soltanto grazie alla succitata Teoria della Relatività di zio Alby, suo collega a Princeton) che renderebbe possibile (alla lettera uno scienziato cauto direbbe che “non esclude in linea teorica”) il viaggio nel tempo tramite “l’instaurarsi di un circolo chiuso di causalità”.
Il concetto è che se si percorre una curva chiusa a partire da un qualsiasi suo punto prima o poi necessariamente si tornerà al punto di partenza. Se la curva è di tipo tempo, analogamente a ciò che avviene nello spazio, ci si potrà muovere lungo tale curva e ritornare, a un certo punto, all’istante iniziale. Dunque ci si può muovere avanti e indietro….nel tempo!
Permettetemi di aggiungere che è una fortuna che esista lo spazio, con il quale abbiamo una maggiore dimestichezza nel comprendere questi spostamenti materiali, e grazie al quale comprendiamo meglio la materia più eterea di cui ci sembra sia costituito il tempo.

E’ interessante notare come un concetto fisico così essenziale risvegli momenti di vera poesia e di grande impatto sentimentale se solo si prova a pensare a esso in modo più personale.
Nel film diventato già un cult generazionale (e, che sia cult o no, personalmente amo moltissimo….a proposito, grazie Beren per avermelo regalato!!!:-***) “Donnie Darko” di R. Kelly, la teoria del viaggio del tempo, elaborata negli appunti che costituiscono i capitoli dell’affascinante trattato di una vecchia scienziata pazza (e che nello strambissimo menù del dvd è perfino possibile consultare), perde le atmosfere vulcaniane dell’Enterprise per assumere invece una dimensione emotiva, percepibile nell’idea dei tunnel temporali (visivamente una sorta di “lombrichi di luce”) che partono e attraversano i corpi degli amici di Donnie nello strano universo instabile casualmente formatosi dall'altrettanto incredibile incidente con cui la storia si apre. La potenza dell’elemento narrativo sta nella scelta che il protagonista compie tra i due universi possibili che costituiscono la sua realtà. Salverà se stesso o c’è qualcosa che lo porterà a optare per una coincidenza temporale differente?
La mistura assolutamente non banale di scienza e coscienza trova in questa pellicola un’ispirazione geniale. Il tempo come luogo fisico e il tempo come luogo dell’anima.
Ed è ancora il tempo, o meglio la percezione personale che del suo fluire si può avere, co-protagonista indiscusso di un altro movie assolutamente originale “Memento”, di C. Nolan, montato come se fosse un puzzle di cui dover ricomporre i pezzi, un po’ per avvicinarci alla visione del mondo del protagonista. Quest’ultimo, Leonard, a seguito di una misteriosa aggressione, è affetto da un particolare “disturbo” (cito testualmente.."la mia non è amnesia…") che porta la sua mente a “resettare” i ricordi dopo un brevissimo lasso temporale. Egli assume come missione e unica ragione di vita la vendetta dell’assassinio di sua moglie (che lui ricorda morta nel medesimo incidente) e in un meraviglioso monologo (che non riporto interamente perché nulla potrebbe sostituire le atmosfere buie e la musica discreta che timidamente, quasi nel rispetto del dolore di Leonard, fa capolino a sottolineare le semplici e struggenti parole, ciò significa che se non l’avete ancora visto….che fate?Siete ancora lì?:) ) si chiede “Come posso guarire, se non riesco a sentire il tempo?”.
Il tempo è dunque lontano dal ticchettio d’un orologio, assume un connotato assolutamente personale ed è la sensazione che la vita scorra e lasci l’impronta consolatoria e lenitiva nell’altra protagonista di questa intensa pellicola: la memoria.
La memoria è il mezzo che ci permette di registrare emotivamente la fisicità del tempo che passa. Se percorrendo la nostra linea chiusa ci ritrovassimo all’istante iniziale, pur essendo questo istante sempre il medesimo, lo “sperimentatore” avrebbe coscienza di un tempo proprio comunque trascorso. Tale coscienza costituirebbe la memoria della sua impresa. E proprio quando chi scrive questo post è colto dal dubbio di aver mischiato pericolosamente due composti esplosivi, ecco che un consolante ricordo artistico giunge in suo soccorso.
Anche l’eccentrico Salvador Dalì nel suo dipinto “La persistenza della memoria” (più noto volgarmente come il dipinto degli “orologi molli”, 1931) testimonia nel consueto stile surrealista il grande impatto emotivo e il conseguente riverbero anche in campo artistico, che immagineremmo lontano da quello razionale e scientifico, delle novità metriche dello spazio-tempo apportate dalla Teoria della Relatività einsteiniana.
Dalì deforma gli orologi (lo strumento che misura il tempo per eccellenza) per invitare l’osservatore a considerare la dimensione temporale con occhio nuovo e, oltre a ciò, racchiude nello spazio onirico della tela delle vaghe forme, come se la nostra mente registrasse i nostri ricordi in modo non convenzionale, rivoluzionario, come il caro vecchio Albert ci ha insegnato a fare. La deformazione degli oggetti corrisponde a mettere in dubbio che ciò che si ritiene ordinariamente razionale lo sia davvero e il dubbio stesso è lo strumento che ci permette di conquistare un senso in più.
Il tempo, dunque, non è più inesorabile (come il minuto di Kipling nei versi della sua “If”, inteso poeticamente come tempo da dover riempire con “qualcosa che valga sessanta secondi”), ma si piega in questo nuovo spazio e distrugge l’umana illusione di doversi arrendere a esso.

20 marzo 2007

Europetizione per il Darfur

Dalla newsletter di ItaBlogs4Darfur:

Il francese Collectif Urgence Darfour lancia l' "EUROPETITION D'URGENCE" ai Capi di Stato e alle Istituzioni dell' Unione Europea per l'invio immediato di una forza di pace internazionale nel Darfur. L' europetizione verrà presentata al raggiungimento di un milione di firme. Per aderire cliccare qui.

Ai Capi di Governo degli Stati membri dell' Unione Europea,A José manuel Barroso, Presidente della Commissione Europea,A Javier Solana, Alto rappresentante dell' Unione Europea per la politica estera e la sicurezza,


Noi, cittadini francesi ed europei, non possiamo più restare indifferenti e inerti dinanzi alla guerra contro i civili che si svolge attualmente nel Darfur, nell'ovest del Sudan. L'esercito sudanese e le milizie janjaweed hanno massacrato villaggi interi di concittadini delle etnie Fur, Massaliti e Zaghawi, principalmente a causa della loro origine "nero-africana", che costituiscono la maggior parte dei sei milioni di abitanti del Darfur.[...leggi tutto]
Signori e Signore, come ha chiesto il Parlamento Europeo nella sua risoluzione del 15 febbraio 2007 votato all'unanimità, dovete agire ora!


In linea con la Risoluzione 1706 del Consiglio di Sicurezza dell' ONU, gli Stati Europei devono inviare immediatamente una forza di interposizione con il mandato di:
- proteggere la popolazione dal massacro generalizzato;
- costituire dei corridoi umanitari sicuri che permettano alle organizzazioni umanitarie di raggiungere l'insieme della popolazione che necessita di aiuto;- deferire davanti alla Corte Penale Internazionale tutti gli individui accusati di crimini di guerra e di crimini contro l'umanità.
Inoltre occorre:
- stabilire una zona di interdizione aerea su tutto il Darfur;
- applicare sanzioni mirate, conformemente alla ultima risoluzione del Parlamento Europeo;
- favorire le condizioni di un vero accordo di pace tra tutte le parti, che permetta agli sfollati e ai rifugiati di fare ritorno alle proprie terre in totale sicurezza.


E' dovere dell' Europa intervenire oggi ed esercitare la sua responsabilità di proteggere il popolo del Darfur!

14 marzo 2007

Darfur: Sudan ha orchestrato il genocidio

Dal sito del corriere:

Rapporto dell'Onu: «Il governo del Sudan ha orchestrato e partecipato ai crimini di massa»

PORT HARCOURT (NIGERIA) – Il rapporto del gruppo speciale delle Nazioni Unite per investigare le condizioni dei diritti umani in Darfur, reso pubblico ieri a Ginevra, è durissimo: “Il governo del Sudan – c’è scritto con una terminologia tutt’altro che diplomatica, inusuale per l’organizzazione internazionale – ha orchestrato e partecipato” ai crimini di massa che comprendono omicidi, stupri generalizzati e rapimenti.

Ma il documento è duro anche con la comunità internazionale, il cui comportamento davanti alla tragedia viene definito “patetico”, alla quale viene chiesto agire immediatamente per fermare la carneficina in atto. Si calcola che nella provincia occidentale del Sudan siano stati ammazzati finora almeno 200 mila civili, mentre 2 milioni hanno lasciato le loro case e sono scappati nel campi di rifugiati (in Ciad) o di sfollati. Quattro milioni di persone poi, secondo le agenzie dell’ONU soffrono a fame e vivono in condizioni disperate. Il team di cinque membri, guidato dal premio Nobel per la pace, riconosciutole per il suo impegno nella campagna della messa al bando delle mine, Jody Williams, è stato bloccato nelle sua investigazione dal governo del Sundan, che non ha mai dato loro i permessi per entrare in Darfur. Gran parte del lavoro è stato fatto in Ciad, per altro ormai anch’esso investito dalla guerra, dove invece il gruppo è entrato nei campi dei rifugiati e ha parlato con chi ci vive, raccogliendo testimonianze e racconti raccapriccianti che parlano “di gigantesche e sistematiche violazioni dei diritti umani e gravi strappi alla legge internazionale”.

“Il governo – c’è scritto nel rapporto ed è stato sottolineato da Jody Williams – è complice in questi crimini per aver armato e addestrato le milizie janjaweed”. I janhjaweed sono gli scherani del regime arabo del nord che dal 2003 hanno lanciato campagne di terrore contro la popolazione civile di origine africana: bruciano i loro villaggi, uccidono gli uomini, violentano le donne e le bambine e rapiscono i ragazzini che vengono arruolati a forza. Gli attacchi dei “diavoli a cavallo” (questo vuol dire janjaweed, perché all’inizio della loro campagna di terrore arrivavano al galoppo mentre ora si servono di più confortevoli e veloci 4 x 4, secondo le accuse, fornite dal governo) sono sostenuti dal cielo da massicci bombardamenti aerei. Le denunce non sono nuove e giungono dopo che altre organizzazioni per la difesa dei diritti umani hanno lanciato il loro grido d’allarme.

Il governo di Khartoum ha sempre sostenuto che le cifre dei morti e degli sfollati sono “decisamente esagerate” e la situazione, come descritta dai media occidentali, non risponde alla realtà. Sempre secondo i leader sudanesi, comunque, negli ultimi mesi è molto migliorata. Al contrario tutti i rapporti parlano di un peggioramento notevole e di una precisa volontà di pulizia etnica e sterminio. La terribile tragedia del Darfur mette a nudo l’incapacità della comunità internazionale di reagire e trovare un sistema per proteggere la popolazione civile. Già nel settembre 2004 l’allora segretario dell’ONU, Koffi Annan aveva denunciato crimini e massacri e, pochi giorni dopo, il Segretario di Stato americano in carica Powel Colin, aveva addirittura parlato di genocidio in corso. Ed esattamente due anni dopo sempre Koffi Annan aveva ancora esortato, senza successo, ad agire.

Da più parti da un paio d’anni viene invocato l’invio di un contingente di caschi blu, ma il Sudan, spalleggiato dal suo alleato in Consiglio di Sicurezza, la Cina, ha sempre negato il suo permesso, sostenendo che “la situazione è sotto controllo”. Eppure tutti i grandi leader mondiali e lo stesso Koffi Annan nell’aprile 2004 in occasione del decennale del genocidio in Ruanda (un milione di morti) avevano solennemente dichiarato: “Mai più un altro genocidio”. “Le parole senza azioni fanno solo ironia”, ha dichiarato ieri Jody Williams. A fine febbraio la Corte Penale Internazionale ha messo sotto accusa per crimini contro l’umanità il ministro sudanese per gli affari umanitari Ahmed Mohammed Haroun, e uno dei leader dei janjaweed, Janjaweed Ali Muhammad Ali Abd al-Rahman, più conosciuto come Ali Kushayb. Il procuratore del tribunale, Luois Moreno-Ocampo, ha sciorinato ben 51 capi d' accusa, compresi omicidi di massa, stupri e torture, ma il governo non ha fatto una piega, anche se per via ufficiosa qualcuno ha fatto sapere che i due non sarebbero mai stati consegnati alla Corte dell’Aja.

Esam Elhag, portavoce dell’SLA (Sudan Liberation Movement), al telefono con il Corriere non ha nascosto la sua soddisfazione per il documento: “Finalmente ci aspettiamo una reazione delle Nazioni Unite – ha detto -. Dovrebbero immediatamente dichiarare il Darfur ‘No fly zone’, cioè vietare il suo cielo a qualunque volo, così da impedire agli aerei governativi di bombardare i nostri villaggi. E poi forzare l’invio di un contingente dell’Onu”. Proprio ieri l’Unione Africana ha auspicato che nella provincia devastata dai massacri e dalle atrocità, vengano inviati almeno 22 mila caschi blu.

13 marzo 2007

Dannati musi gialli!

La scorsa settimana, io e Luthien ci siamo concessi alcuni giorni a Firenze, che lei non aveva mai visto. Anche in un periodo relativamente di bassa stagione, c'erano ugualmente molti turisti, tra i quali molti americani e, ovviamente, soprattutto giapponesi.
In particolare, questi grupponi di signori e signore dagli occhi a mandorla, misti a più giovani giapponesi spesso vestite con shorts e calze che si fermavano sotto il ginocchio (molto lolitesche), rendevano particolarmente difficile la circolazione in alcuni punti delle strade più frequentate, nelle vicinanze di importanti monumenti, e, soprattutto, nella galleria degli Uffizi!
Più di una volta abbiamo dovuto dribblarli per strada, e regolare la nostra permanenza in questa o in quella sala del più importante museo di Firenze in base al passaggio di questo o di quel gruppo, tanto che i suddetti nipponici si sono più volte meritati l'esclamazione che dà il titolo al post!!! :)

Come se non bastasse, ieri ho saputo che l'Annunciazione di Leonardo, da noi vista dal vivo l'altro ieri, andrà in prestito per alcuni mesi all'estero. Riuscite a indovinare dove?


ps: a giudicare dalle lettere rimaste su questo cartello trovato sulla fortezza di Belvedere, direi che alcuni fiorentini hanno abitudini alquanto strane! :)

Buoi e asini

Dal sito del Corriere, ho appreso la seguente notizia.

STRASBURGO (Francia) - La Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu) ha dichiarato «ricevibile» il ricorso presentato dai genitori e dalla sorella di Carlo Giuliani, morto a Genova nel 2001 durante gli scontri avvenuti in occasione del vertice del G8. Lo ha reso noto la stessa Corte precisando che la sentenza sarà pronunciata in altra data. La decisione dei giudici europei segue la prima udienza che si era tenuta il 5 dicembre scorso.
«FORZA ECCESSIVA» - La famiglia Giuliani nel suo ricorso a Strasburgo ha invocato, in particolare, l'articolo 2 della Convenzione dei diritti dell'uomo (diritto alla vita) sostenendo che la morte di Carlo «è dovuta ad un uso eccessivo della forza» e considerando che «l'organizzazione delle operazioni per ristabilire l'ordine pubblico non siano state adeguate». I ricorrenti lamentano inoltre «l'assenza di soccorsi» immediati che ha comportato la violazione degli articoli 2 e 3 della Convenzione (divieto di trattamenti inumani). L'istanza davanti alla Corte di Strasburgo è stata presentata il 18 giugno 2002.

Non mi stupisce tanto che la Cedu abbia giudicato ricevibile il ricorso della famiglia Giuliani, e capisco che anche ad anni di distanza il dolore possa indurre ad azioni di questo tipo.
Ma mi chiedo, è possibile che a queste persone non venga in mente che, forse, avrebbero fatto meglio a insegnare al proprio figlio "pacifista" che minacciare e usare un estintore contro qualcuno, di chiunque si tratti, sia da considerare un "uso eccessivo della forza"?

08 marzo 2007

Antonia’s line: storia di un matriarcato

Approfitto di questo giorno per portare alla vostra attenzione un film tutto al femminile datato 1995, che, pur avendo conquistato lo strameritato zio Oscar come miglior film straniero, ho avuto modo di constatare quanto sia sconosciuto ai più. ”L’albero di Antonia” della regista-drammaturga Marleen Gorris è lo stupefacente frutto di un’insolita coproduzione olandese, belga e inglese che ripercorre la vita della energica Antonia e della sua progenie dal momento in cui, rimasta vedova a causa della guerra, torna a casa con sua figlia Danielle. Già dalle prime battute della pellicola si intuisce che l’elemento maschile è assolutamente marginale e volto esclusivamente all’elargizione dell’eredità filiale: l’unica prova della presenza passata del marito di Antonia è la loro figlia.
Antonia stessa torna a casa appena in tempo per assistere alla morte dell’anziana madre e per raccoglierne l’ideale filo che le servirà a tessere da allora in avanti il suo possente ma caloroso matriarcato.
Da qui in poi emerge una schiera di simpatici e meno amabili personaggi tipici di una piccola e gretta comunità rurale che gravitano attorno alla famiglia di Antonia: il fattore “scemo”, il viscido parroco, la donna pazza che ulula alla luna il suo amore perduto,e ultimo, ma non ultimo, il poetico Dito Storto, filosofo pessimista che elargisce pensieri struggenti citando Schopenhauer e Nietzsche e ricordandoci tanto il leopardiano pessimismo cosmico e che termina il suo ruolo nella narrazione da vero stoico…..
Il ruolo del maschio si fa esplicito quando Danielle, decisa ad aver un figlio, si reca con la madre da un bravo quanto insulso ragazzo in un “giorno propizio” del mese perché egli renda possibile la continuità dei suoi affetti, continuità che prevede la dolce e non del tutto inaspettata unione saffica tra Danielle e Therese.
Nel film l’uomo costituisce lo sfondo talora positivo (potrei dire di fedele compagno, come accade per la figura di Boer Bas, prima aspirante marito, poi allegro convivente di Antonia), talora negativo, talora assolutamente insignificante (la stoccata peggiore all’orgoglio del sesso forte).
La mistura di lirismo e violenza, pazzia e forza ricorda altri capolavori della scuola fiammingo-danese come “Il pranzo di Babette”, ove anche lì tre donne trovano in se stesse e nella loro forza il modo di riunire un’intera comunità.
Capolavoro anticonformista, ”L’albero di Antonia” ci lascia come ultimo dono le parole “…e nell’attimo in cui tutto finisce, niente finisce….”. Eccolo qui il tema del film, sempre presente eppure, abilmente nascosto qua e là: il tempo.
Antonia ha terminato il suo, ma, come un cerchio che cerchio non è perché mai si chiude, il fluire degli eventi e delle persone continua oltre il materiale e trae vita dalla nostra eredità d’affetti che, nella donna, trova la sua più importante espressione nella procreazione.
Non ci resta che sperare che sia femmina.

ps: per qualche motivo non riesco più a modificare in basso l'autore del post, che in realtà è Luthien.

07 marzo 2007

Niente uranio nel sud del Libano II

Già un po' di tempo fa avevo parlato di una notizia che smentiva l'uso di uranio il Libano da parte di Israele durante la guerra della scorsa estate. Ora, grazie a Sharon e a esperimento ho appreso che si è avuta una ulteriore conferma, da parte di esperti di altre agenzie che hanno fatto analisi sul suolo del sud del Libano.

A panel of experts from the United Nations, the International Atomic Energy Agency (IAEA) and other international agencies announced a unanimous determination Monday that no depleted-uranium weapons had been used in the summer 2006 war in Lebanon. "To date, there is no evidence of depleted-uranium-ammunitions.

01 marzo 2007

Diritto di maternità

E’ dello scorso Gennaio la notizia che ha destato grande scalpore riguardante la tardiva maternità della rumena Adriana Iliescu, una donna di 67 anni che, dopo adolescenza, età adulta, età matura e terza età, è riuscita a coronare il suo sogno di avere un bambino.
La donna ha partorito due gemelline, delle quali una purtroppo non ce l’ha fatta, essendo arrivata all’ottavo mese di gestazione appena a 700 grammi.
Questa signora, una docente universitaria (probabilmente non di Bioetica….) ormai in pensione, si è sottoposta a ben nove anni di cure ormonali e, attraverso un procedimento di fecondazione extrauterina, la FIV-ET, ha potuto rimanere incinta.
La FIV-ET è una fecondazione in vitro, dunque extracorporea, che prevede poi il successivo trasferimento dell’embrione (ovulo fecondato) nell’utero della paziente.
L’eccezionalità dell’evento rischia di offuscare una lecita domanda: per una donna essere madre è un diritto?
Se la natura ci rendesse fisicamente inabili alla procreazione questo ci renderebbe donne solo a metà?
Vi propongo l’intervista che ho trovato su un sito realizzata da ZENIT alla dottoressa Navarini, docente universitaria di Bioetica (lei sì che lo è..:)). Per quanti di voi non lo sapessero, ZENIT è un’agenzia internazionale di notizie che hanno un interesse cattolico, ma voglio precisare che ho scelto questa intervista perché mi sembra che proponga spunti di riflessione interessanti al di là dello sfondo religioso che può emergere come background. L’etica e la religione (per fortuna, oserei dire) non sono la stessa cosa.
Certo ci sono alcuni pensieri un pò “forti” e discutibili, sui quali poter aprire un dibattito, ma, oltre la forma, emerge chiaro il rischio reale e crescente della strumentalizzazione della vita umana ad ogni costo. Compriamo scarpe (“….di merda, da donna, che costano milioni all’uomo….”, e qui cito il caro Elio) e con la stessa facilità anche tecniche per avere figli a 70 anni suonati, figli che corrono il rischio di occuparsi equamente a diciotto anni di esami di maturità e tasse di successione.
E poi sarebbe innaturale permettere a una coppia omosessuale, perfettamente sana e in “età genitoriale”, di adottare un bambino?
E’ difficile non pensare che dietro a questa, come a tante altre scelte del genere, non ci sia una forte componente egoistica, che asseconda un desiderio in virtù dell’amore per un figlio non ancora nato andando a creare un percorso di vita ad ostacoli proprio per quel figlio tanto amato.
Un paradosso.
Einstein ha detto che “il senso comune è l’insieme dei pregiudizi che ognuno ha assorbito fino all’età di diciotto anni”, ergo ognuno ha una propria personale percezione di ciò che è giusto o non lo è. E’ pur vero però che l’uomo, animale sociale hobbesiano, se privo di regole, imbocca la temuta strada del sonno della ragione. E genera mostri.

Nuovi link (6)

Era da un po' che non mettevo nuovi link, ora ne aggiungo due:
  • Il blog di un concittadino trapiantato a Londra. Parla un po' di tutto, dalla politica internazionale al terrorismo, passando per riflessioni personali anche su argomenti quotidiani. Ne apprezzo l'ironia e, spesso, ne condivido le opinioni.
  • Un sito che ho scoperto alcuni mesi fa, da una cui pagina trassi due post. Si parla di vari temi ambientali, ma con una visione diversa da quella classicamente "ambientalista". Consiglio in particolare la rubrica a metà pagina, "le verità rovesciate".