22 febbraio 2007

Essere unici al mondo

A chi di noi non è capitato un periodo difficile e chi di noi in quel momento non ha sentito il bisogno di rifugiarsi tra le pagine odorose di un libro sepolto, forse da anni, tra tanti altri, magari intonsi, cercando consolazione in una frase che certo ricordavamo, ma della quale mai avevamo colto a pieno il significato se non in quell’attimo di sete emotiva?

Nonostante lo struggimento della maturità espressa nei versi di Neruda, Hikmet e Baudelaire, mi accorgo che il dolore, la gioia e tutti i sentimenti più estremi sono legati alla sfera della fanciullezza.
Ed è scoprendo e riscoprendo tutto ciò, che ho chiuso le liriche e la profondità del racconto dell’avventura di “un’umanità oltreumana” del prezioso Zarathustra e mi è tornata in mente una piccola volpe.
L’esserino più tenero, saggio e indifeso che si possa immaginare è un personaggio nato dalla penna del pilota Antoine de Saint-Exupéry, autore de “Il piccolo principe” e uomo che, pur avendo dovuto affrontare una guerra, ha potuto conservare il cuore di un bambino.
Nel suo viaggio fantastico il piccolo protagonista e l’aviatore (in carne e ossa) mescolano le loro vite, generando lo spettro delle emozioni umane e dandoci la possibilità di scoprire e riconoscere l’amore e l’amicizia.
Nel suo incontro col piccolo principe, la volpe, desiderosa d’affetto, gli chiede di essere addomesticata. Ma il termine è estraneo all’ometto che viene da un asteroide lontano lontano…la piccola amica, per fortuna è lì per spiegargli tutto:
“Addomesticare vuol dire “creare dei legami”..”..Tu, fino a ora, per me non sei che un ragazzino uguale a centomila altri ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi noi avremo bisogno l’uno dell’altra. Tu sarai per me unico al mondo e io sarò per te unica al mondo”.
E’ così che il piccolo principe comprende che in passato forse anche lui, sul suo pianetino, era stato addomesticato da una rosa un po’ burbera, che però egli aveva sempre curato e protetto con amore dai venti impetuosi di un’atmosfera capricciosa.
La volpe gli spiega:
“Se tu mi addomestichi la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri.Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano. Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai i capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano che è dorato mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano….”
Così, dopo aver addomesticato la piccola volpe, al momento della separazione dolorosa, la volpe suggerisce al piccolo principe di andare a vedere alcune rose a loro vicine affinché possa capire davvero il valore di un legame.
Il piccolo principe si reca da loro e riflette:
“Voi siete belle, ma siete vuote. Non si può morire per voi. Certamente un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei che ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro. Perché è lei che ho riparata col paravento. Perché su di lei ho ucciso i bruchi (salvo due o tre per le farfalle). Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa.”
Noi siamo quello che addomestichiamo. Tutto ciò che amiamo, curiamo e viviamo entra dentro noi e noi in loro. E per quanto nel mondo siamo circondati da splendide rose che esistono ora, che nasceranno domani o tra anni, ameremo solo la nostra, perché in lei abbiamo riposto il nostro amore, la nostra speranza, in lei la felicità di un nuovo bocciolo, in lei il dolore di una spina. Perché lei è unica al mondo. Il legame è stato creato. E’ ormai tardi: la volpe ci ha insegnato ad amare.

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